Email Marketing: open rate, click e come aumentare l’engagement

Email marketing: guida completa su open rate, click e altre metriche per aumentare l’engagement

Tutto quello che devi sapere sull’open rate e come usare i click per migliorare la tua strategia di email marketing.

Per anni l’open rate è stato la metrica preferita di marketer, aziende e creator. Bastava dare un’occhiata a quella percentuale per capire se una newsletter “stava andando bene” o meno.

Molti si esaltavano quando superava il 30%, mentre un calo sotto il 20% scatenava dubbi e preoccupazioni.

Ma il panorama dell’email marketing è cambiato. Oggi, il dato sulle aperture non è più così affidabile, e continuare a basare le proprie decisioni su questa metrica può portare a conclusioni sbagliate.

Per fortuna, non tutto è perduto: comprendere i limiti dell’open rate e spostare l’attenzione sulle azioni realmente compiute dagli utenti, come i click, può trasformare radicalmente il modo in cui interpretiamo i risultati delle nostre campagne. 

Ed è proprio di questo che ti parlo nell’articolo di oggi!

Sei alla ricerca di un video sull’argomento?

Qui sotto ne trovi uno che parla di open rate e delle metriche da monitorare nelle tue campagne di email marketing 👇

L'Open Rate è Morto? Guida ai Report di Emailchef

Perché l’open rate non è più un indicatore affidabile.

Fino a pochi anni fa, misurare quante persone aprivano una newsletter era un’operazione piuttosto semplice.

Ogni email conteneva, in fondo o in un punto invisibile, una piccola immagine trasparente di un solo pixel. Questa immagine non aveva alcuna funzione visiva, ma serviva come “sensore”: quando veniva caricata dal programma di posta del destinatario, il server registrava automaticamente un’apertura.

In pratica, se quell’immagine veniva scaricata, si poteva dedurre che l’utente aveva aperto e visto il messaggio.

Era un sistema rudimentale, ma per anni ha funzionato abbastanza bene, permettendo a marketer e aziende di capire con una certa precisione il livello di interesse dei loro iscritti.

Oggi, però, la situazione è cambiata radicalmente. 

Nuove tecnologie e politiche di protezione della privacy hanno reso l’open rate una metrica molto meno accurata, creando “aperture fantasma” e gonfiando le statistiche. 

Due sono i fattori principali che distorcono il dato e ne riducono l’affidabilità: vediamoli insieme.

1. La protezione della privacy delle email.

Negli ultimi anni, diversi servizi di posta elettronica hanno introdotto funzioni pensate per tutelare la privacy degli utenti. La più nota è Apple Mail Privacy Protection (MPP), ma anche altri provider hanno adottato meccanismi simili.

Il loro scopo è impedire ai mittenti di sapere esattamente quando e da dove viene aperta un’email. Per farlo, questi sistemi scaricano in automatico tutto il contenuto del messaggio appena arriva nella casella di posta, anche se l’utente non lo apre mai manualmente.

Questo significa che il famoso “pixel di tracciamento” viene caricato in background, senza alcun intervento umano. Dal punto di vista delle statistiche, però, quell’azione viene registrata come un’apertura reale, anche se in realtà la persona non ha mai aperto l’email.

Il risultato? Le percentuali di open rate possono apparire molto più alte della realtà.

E l’effetto è tutt’altro che marginale: secondo alcune ricerche, in determinati settori oltre il 50% delle aperture registrate sono in realtà aperture fantasma generate da queste funzioni di protezione della privacy.

2. I controlli di sicurezza.

Oltre alla protezione della privacy, c’è un altro fattore che altera in modo significativo i dati sull’open rate: i sistemi di sicurezza delle email.

Molti provider, aziende e perfino caselle di posta personali utilizzano filtri antivirus e antispam che, per proteggere l’utente, aprono e analizzano automaticamente ogni messaggio ricevuto prima di recapitarlo nella posta in arrivo.

Questi controlli avvengono in background e in pochi millisecondi, con l’obiettivo di:

  • scansionare eventuali allegati alla ricerca di virus o malware;
  • controllare la sicurezza dei link presenti nell’email;
  • identificare contenuti sospetti che possano indicare spam o phishing.

Il problema è che, durante questa scansione preventiva, il pixel di tracciamento viene caricato esattamente come se fosse l’utente ad aver aperto il messaggio.

Il sistema di tracking registra quindi un’apertura fittizia, quando in realtà la persona non ha mai visualizzato l’email.

Anche se il fenomeno può variare in base al tipo di pubblico e al settore, per chi invia grandi volumi di newsletter può tradursi in centinaia o migliaia di aperture false che gonfiano le statistiche e rendono più difficile valutare le performance reali della campagna.

Ma quindi l’open rate può ancora avere senso? Spoiler: sì (ma a certe condizioni).

In base a quello che abbiamo detto finora, potresti pensare che l’open rate sia ormai una metrica inutile e da cestinare.

La verità è che, in alcuni casi ben precisi, può ancora dare informazioni utili. Bisogna solo saperlo leggere nel contesto giusto e non prenderlo come una verità assoluta.

Ti faccio un esempio pratico.

Immagina di avere creato un’automazione composta da una sequenza di 5 email alla stessa lista di contatti, una a distanza di qualche giorno dall’altra.

Questi contatti ricevono i messaggi nello stesso periodo, usando più o meno gli stessi provider di posta e con le stesse impostazioni di privacy. In uno scenario del genere, l’errore dovuto alle “aperture fantasma” resterà più o meno costante per tutte le email della sequenza.

Questo ti permette di usare l’open rate come strumento comparativo.

Se, ad esempio la prima email registra un tasso di apertura del 30%, mentre la seconda email scende al 20% … quella differenza del 10% non è probabilmente frutto del caso, né solo di dati gonfiati. Molto più facilmente, riflette un calo reale di interesse da parte del pubblico.

Ed è qui che la metrica torna utile: ti sta segnalando che qualcosa non ha funzionato come previsto. Forse:

  • l’oggetto dell’email non è riuscito a catturare l’attenzione;
  • il pre-header non ha aggiunto curiosità o valore;
  • l’argomento non è stato percepito come rilevante quanto quello della prima email.

In questo senso, l’open rate non serve tanto per dire “quante persone hanno aperto”, ma per capire quali email hanno generato più attenzione rispetto ad altre simili.

È un po’ come se stessi guardando una serie TV: se il primo episodio ti tiene incollato e il secondo ti annoia, non è difficile capire dove si è perso il ritmo.

Quindi sì, l’open rate ha perso gran parte del suo potere predittivo, ma in contesti controllati e omogenei può ancora essere uno strumento valido per individuare cali di interesse e fare aggiustamenti mirati, soprattutto nella fase più delicata: quella in cui il lettore decide se aprire o ignorare la tua email.

La metrica che conta davvero? Il click (e ti spiego il perché).

Se vuoi capire davvero come sta andando una campagna email, c’è una cosa che devi fare: spostare lo sguardo dall’open rate e concentrarti sul click.

Perché? Perché il click è una metrica attiva, non passiva.

Quando qualcuno clicca su un link dentro la tua email significa che ha compiuto un’azione intenzionale, e questa azione ti dice molto di più di una semplice apertura. Un click ti conferma che l’utente:

  1. Ha aperto il messaggio.
  2. Ha letto almeno parte del contenuto.
  3. Ha trovato qualcosa di sufficientemente interessante da voler approfondire.

È un gesto consapevole e mirato: nessun sistema di protezione della privacy, nessun antivirus e nessun filtro antispam può “inventarsi” un click. Se c’è stato, è perché la persona dall’altra parte ha deciso di compierlo.

C’è poi un altro aspetto fondamentale: ogni email dovrebbe avere un obiettivo preciso

Non invii una newsletter solo per essere letto, ma per portare il lettore a compiere un’azione ben definita, come ad esempio leggere un articolo del blog, scaricare un documento o una guida, acquistare un prodotto o servizio, registrarsi a un evento o un webinar.

Il click è il ponte tra la posta in arrivo e quell’azione finale. 

È il momento in cui l’interesse si trasforma in movimento, e il movimento è il primo passo verso la conversione.

Ecco perché, se il tuo tasso di click è alto, significa che non solo hai catturato l’attenzione, ma che hai convertito quella curiosità in un’interazione concreta. È un segnale fortissimo che il contenuto, il design e la call to action hanno fatto il loro lavoro.

In altre parole, mentre l’open rate può dirti se un’email è stata “notata”, il click ti dice se è stata apprezzata al punto da spingere qualcuno ad agire. E per l’email marketing, non c’è dato più prezioso di questo.

I dati che dovresti sempre monitorare nelle tue campagne di email marketing.

Sapere che il click è la metrica più importante è già un passo avanti, ma la vera differenza la fai quando impari a leggere e interpretare i dati nel modo giusto

Ed è qui che entrano in gioco i report di Emailchef.

La piattaforma ti mette a disposizione una sezione Statistiche completa e intuitiva, dove ogni metrica è presentata in modo chiaro e, soprattutto, utile per prendere decisioni concrete.

Ecco i principali dati da tenere d’occhio.

1. Email cliccate e Click-to-Open Rate (CTOR)

Subito accanto alle classiche email aperte trovi il dato delle email cliccate. Questo numero ti comunica quante persone hanno interagito con almeno un link nella tua campagna.

Ma il vero indicatore di efficacia è il Click-to-Open Rate (CTOR): invece di calcolare i click sul totale degli invii, misura quanti click hai ottenuto rispetto alle aperture registrate.

In pratica, ti risponde alla domanda: “Tra chi ha aperto, quanti hanno trovato l’email abbastanza interessante da cliccare?”

Email marketing: click to open rate

Un CTOR alto indica che il contenuto, la struttura e la call to action sono stati convincenti. 

Un CTOR basso, invece, può segnalare che, anche se l’oggetto ha incuriosito, l’interno dell’email non è stato all’altezza delle aspettative.

2. Indicatori di salute della lista.

Oltre ai click, Emailchef ti mostra dati fondamentali per capire lo stato di salute della tua lista:

  • Disiscrizioni: ti indicano se il messaggio è stato percepito come irrilevante o troppo frequente.
  • Bounce: segnalano problemi di recapito, spesso dovuti a indirizzi email errati o inesistenti.
  • Reclami Spam: sono un campanello d’allarme serio, che può indicare un contenuto poco gradito o non atteso.
Email marketing: indicatori salute lista contatti

Monitorare questi valori è cruciale per mantenere alta la deliverability e assicurarti che le tue email continuino a raggiungere le caselle di posta dei tuoi iscritti.

3. Mappa dei click.

Questa è una delle funzioni più visive e utili. La mappa dei click ti mostra la tua email così come l’hanno vista i destinatari, evidenziando con percentuali quali link hanno ricevuto più interazioni.

È un’analisi preziosa perché ti dice: 

  • se la call to action principale è stata effettivamente notata e utilizzata;
  • se link secondari hanno catturato inaspettatamente più interesse;
  • se il layout guida bene lo sguardo o disperde l’attenzione.

Spesso questa mappa rivela sorprese: magari un link nel footer riceve più click della CTA centrale, segnale che il lettore non è stato convinto subito ma ha continuato a cercare informazioni.

4. Aperture in base ai dispositivi.

Infine, Emailchef ti mostra con precisione da dove arrivano le aperture e i click: desktop, mobile, tablet o altri. Questo dato è fondamentale perché influenza direttamente il tuo modo di progettare le campagne.

Se scopri, ad esempio, che il 90% dei click arriva da smartphone, sai che ogni elemento della tua email (testo, immagini, pulsanti, link) deve essere perfettamente ottimizzato per uno schermo piccolo. Allo stesso modo, se il traffico è più bilanciato, puoi mantenere un design che funzioni bene su entrambe le piattaforme.

L’open rate può essere ancora utile. Ma non dimenticare di monitorare i click.

L’open rate non è più la metrica affidabile e precisa di un tempo: le nuove tecnologie per la privacy e i controlli di sicurezza hanno introdotto distorsioni che rendono difficile capire quante persone abbiano effettivamente aperto le tue email. 

Tuttavia, questo non significa che debba essere abbandonato del tutto. Usato con consapevolezza e in contesti controllati, l’open rate può ancora fornire indicazioni utili, soprattutto se confrontato in sequenze di invii simili.

Ma la vera chiave per misurare il successo delle tue campagne sta nei click. 

Il click rappresenta un’azione consapevole e tangibile da parte del destinatario, segnalando interesse reale e coinvolgimento concreto. Strumenti come i report di Emailchef ti permettono di interpretare al meglio questi dati, offrendoti una panoramica completa su come migliorare contenuti, design e call to action, e su come mantenere la tua lista in salute.

Quindi, se vuoi fare email marketing davvero efficace, ricorda: non basta più sapere quante email vengono aperte. Devi capire quanti utenti interagiscono, cosa li interessa davvero e come puoi trasformare quella curiosità in azione.

Immagine di Luca Marras

Luca Marras

Scritto da Luca Marras: CEO presso Emailchef, esperto di email marketing e email deliverability.

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